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Cerca del tartufo

La Cerca del tartufo: dal maiale al cane da tartufo

Da simbolo di abbondanza e prosperità, il maiale in passato era divenuto anche simbolo della cerca del tartufo.

Ancora oggi, mentre parlo e racconto delle mie uscite a tartufi, i miei interlocutori mi chiedono se la cerca avvenga ancora con il maiale.

Ciò è stato possibile in Italia fino al 1985, fino a quella data infatti, vigeva la legge N°65 del 17 luglio 1970 che recitava: “La ricerca deve essere effettuata solo con l’ausilio del cane o del maiale”.

Questa convinzione persistente e diffusa che si possa andare alla cerca dei tartufi con il maiale è aumentata anche dal fatto che in Francia, paese con più alta vocazione e cultura del tartufo (dopo l’Italia), ancora oggi è concesso utilizzare il maiale ed è frequente vedere immagini o video in televisione che lo raffigurano in questa attività.

In Italia questa pratica veniva utilizzata prevalentemente al sud e al centro nord, dove i terreni erano più comodi.

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La storia del maiale da tartufo

Ancora oggi è facile sentir raccontare dai nonni che ai mercati del bestiame ogni tanto capitasse qualche “tartufaio”, che, di nascosto, metteva alla prova i piccoli di maiale nascondendo sulla punta del bastone un tartufo profumato, e che acquistasse la femmina che più velocemente fosse stata attratta dal suo profumo.

maiale da tartufoQuesta selezione dell’esemplare più adatto veniva fatta dal tartufaio all’insaputa del venditore: un maiale abile a trovare tartufi era un maiale prezioso e dunque sarebbe costato di più all’acquirente!

Il maiale, in genere la scrofa, veniva condotto nelle tartufaie con una corda legata al collo o ad una zampa, solitamente anteriore.

Sul campo, ogni volta che il suo naso avesse intercettato il profumo del tartufo, il maiale avrebbe iniziato a scavare con il grifo, incurante di cosa trovasse sul terreno.

La sua cerca non era mirata, era piuttosto una specie di aratura: strappava radici, miceli, scovava tartufi acerbi… insomma alla fine era più il danno che il guadagno, con l’aggiunta poi che il tartufaio – cosa che purtroppo avviene anche adesso – non avesse neppure cura di chiudere e sistemare le buche.

Altro intoppo dell’andare a tartufi con il maiale era dovuto dalla stazza: finché i maiali erano piccoli era ancora semplice trasportarli, ma quando raggiungevano la maturità la cosa diventava proibitiva.

E poi: come era complicato fermare il maiale e togliergli i tartufi dalla bocca una volta scovati!

Possiamo dire che ai tempi dei maiali si poteva parlare di raccolta del tartufo – era un po’ come raccogliere patate – mentre in seguito, con l’avvento del cane, si è iniziato a parlare più propriamente di ricerca, di vera e propria scoperta.

Cambia completamente il metodo ed il modo.

Dal maiale al cane da tartufi

Il cane segnala il punto preciso dove è nato il tartufo, ti aspetta e ti osserva mentre lo rinvieni, gustandosi anche lui il profumo inebriante, in attesa di ottenere un boccone come premio.

Il cane non è più un oggetto, ma è soggetto insieme al tartufaio, attori entrambi, anzi protagonisti di un azione magica e misteriosa, ricca di fascino ed emozione, in cui si intrecciano sguardi rubati, frasi bisbigliate, scodinzolate, leccate e carezze.

Momenti indescrivibili, carichi di gioia, amore, soddisfazione e delusione.

La cerca del tartufo come esaltazione del connubio tra uomo e cane, diventato nei millenni il miglior amico dell’uomo.

Non è un caso se in cinofilia il termine scientifico per indicare il naso del cane è proprio la parola “Tartufo”.

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