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Tartufo Bianco - La Cerca

La cerca o ricerca del tartufo bianco pregiato di Alba o di Acqualagna

Periodo di raccolta: da fine Settembre al 31 Dicembre

Il tartufo bianco pregiato è conosciuto con vari nomi: Rapone, tartufo di Alba o tartufo di Acqualagna.
È il tartufo per eccellenza.

Il concetto di base è sempre quello: uomo, cane, tartufo.

Questa triade raggiunge la massima espressione nella ricerca del tartufo bianco pregiato (Tuber Magnatum Pico).

Sì, bisogna essere onesti e fare distinzione tra i vari tipi di cerca: tartufo nerobianchetto e bianco pregiato.
Cercare il tartufo bianco pregiato è cosa ben diversa: è costoso perché è anche il più difficile da scoprire.

È veramente il tesoro indiscusso della terra.

Sono tanti i fattori che ne condizionano (o ne impediscono) lo sviluppo.

Personalmente la ritengo una ricerca affascinante, poetica, prima di tutto per i colori ed i profumi tipici del periodo in cui si va a cercarlo.

Entrare nel bosco all’alba con la nebbiolina attaccata alle ragnatele, le gocce di rugiada nell’erba, le foglie gialle e rosse di cui l’autunno si veste, già questa è un’emozione sufficiente a giustificare la levataccia e le lunghe camminate.
Poi mettiamoci pure la complessità del ritrovamento e l’azione del cane nella cerca.

Il tartufaio sa in quali luoghi condurre il cane, ma non sa esattamente il punto preciso. Ricordo i primi anni quando Nonno Gino mi diceva: “Segui il cane, fidati, lui sa dove nasce, sa dove andare”.

Col tempo si scoprono posti, si vedono le tracce, si diventa più esperti, si costruisce il proprio archivio (anche io lo faccio: segno in un libro, giorno per giorno, la data dei rinvenimenti, il posto, la pianta, la forma ed il peso; se mio figlio Tommaso lo vorrà, sarà una sua eredità). Ogni stagione si ripete la stessa cosa: alla sera, prima di andare a letto, rileggo il libro studiando il percorso del giorno seguente, sperando di ritrovare in quel bosco o in quel fosso il tartufo dell’anno passato.

Ecco perché dico che andare alla ricerca del bianco (o del Rapone come viene comunemente chiamato intorno ad Acqualagna) è scrivere e vivere ogni giorno un romanzo.

Ci si alza di buon ora con tante aspettative, con la speranza di ritrovare e scoprire un tartufo bello, ma purtroppo spesso può capitare di dover scrivere per la giornata un racconto totalmente differente, in cui il risultato finale è molto più deludente.

Sarei ipocrita se dicessi che non mi dispiace tornare con le tasche vuote; in ogni caso rientro sereno, felice di aver trascorso la miglior giornata che potessi passare.

Qualcuno mi ha fatto notare che utilizzare l’aggettivo mistico, per raccontare e spiegare la ricerca del bianco ed il rapporto che si instaura tra cane, terreno e tartufaio, è eccessivo. Invece proprio mentre penso e scrivo questo racconto ritengo che sia proprio il termine più giusto.

Penso a quando, all’alba, appena sceso dalla macchina, nel buio fitto del bosco, con i miei cani inizio un percorso apparentemente immotivato, casuale. In realtà seguo una traccia misteriosa che dura da secoli.

I cani iniziano immediatamente un balletto che li porta a ispezionare ogni parte del sottobosco, a filtrare la miriade di odori che lo permeano, fino ad arrivare – attratti come da una forza magnetica – a un punto preciso, dove una volta appoggiato il naso a terra, con veemenza, iniziano il rito della scavata o raspata.

Sotto lo sguardo attento del cane, che controlla e soprattutto annusa ogni mio movimento, aiutato dal vanghino e dal dito inizio con calma e cautela la scoperta del tartufo, quando a un tratto, dallo scuro della terra si intravede il giallo inconfondibile.
Il cuore accelera il suo battito, la curiosità è tale che immediatamente, con il dito indice inizio a scavare tutto intorno, per capire le reali dimensioni del tartufo.

Una volta liberato dalla terra e dalle radici, con la leva del vanghino lo estraggo dalla terra, lo porto al naso e dopo averlo annusato con voluttà lo mostro al cane, che soddisfatto aspetta il meritato premio…

Lo ripongo accuratamente in tasca dopo averlo ripulito, ricopro con cura la buca che ho fatto per estrarlo e nascondo la terra smossa con foglie e rami del sottobosco, affinché nessuno veda dove ho trovato il tartufo! È un nostro segreto.

Il giro continua, ogni tanto estraggo dalle tasche i tartufi rinvenuti ammirandoli e coccolandoli. I ritrovamenti si ripetono, ognuno in maniera differente, uguale però è il risultato: la scoperta del tesoro più profumato della terra.

Quindi adesso quando al ristorante gusterete una pietanza al tartufo, oltre al gusto ripensate alle sensazioni e alle emozioni che riesce a produrre anche prima di essere mangiato.